Le feste in genere rappresentano contesti sociali ed umani in cui si sviluppano dinamiche affascinanti. Giusto un mese fa eravamo nel pieno del fermento natalizio e mi è capitato di andare a vedere più di una recita di Natale. Una cosa mi ha particolarmente colpita: vedere mamme e papà applaudire ed esclamare ai propri figli “bravo, bravissimo, bene!” sia che questi cantassero e ballassero, sia che stessero seduti immobili senza fare nulla.
Questo fatto mi ha fatto molto pensare.
Perché dunque la mia domanda “genitori o famiglia?”. Semplice, perché sembra che non stiamo interpretando nessuno dei due ruoli. Mi spiego, o meglio, vi esorto a riflettere su di un episodio a cui ho assistito in questi giorni:
Metropolitana di Milano, si libera un posto nella calca: il padre decide di far sedere il bambino di 10 anni lasciando la nonna pressapoco 70 enne in piedi. Il bambino inizia a tirare dei calci alla nonna, in quanto infastidito dalla sua vicinanza e il padre, non dicendogli niente, decide di “spegnarlo” dandogli in mano il cellulare e chiedendo alla nonna 70 enne di spostarsi per non subire le vessazioni del figlio.
Tutto ciò è inquietante sotto diversi aspetti ma voglio concentrarmi sull’argomento “genitori o famiglia”. Poniamo che la nonna in questione rappresenti la famiglia, ebbene, vediamo perché “vacilla” in balia di una “genitorialità compromessa”.
L’attenta lettura del libro “Il linguaggio segreto della famiglia” di Tracy Hogg (specializzata in puericultura e comunicazione interna ai nuclei familiari) ha confermato la mia convinzione: è necessario un rapido cambio di prospettiva!
I due concetti, genitori e famiglia non sono in contraddizione ma è un altro punto di vista, più ampio.
Ma perché è così complicato cambiare prospettiva?
Nessuno deve mettere in dubbio l’importanza della cura dei figli da parte dei genitori, della loro tutela e formazione, la funzione di guida e protezione. Tuttavia è molto rischioso svolgere queste funzioni ponendoli al centro dell’universo, suggerendo comportamenti, programmando per loro, aiutando anche quando non richiesto, gratificando senza motivo. Solo facendoli sentire parte di un nucleo (la famiglia) in cui ognuno deve svolgere il proprio ruolo per essere riconosciuto, li abitueremo ad avere capacità ed azione, anche in contesti sociali esterni alla famiglia. Trasmettere che in un progetto di cui fanno parte più persone, tutti sono importanti, effettuano scelte e aiutano all’occorrenza.
Ma se i figli occupano l’intero orizzonte e monopolizzano il tempo e l’energia, è quasi impossibile mantenere una prospettiva familiare. Il rapporto di coppia ne risente, i figli credono che il mondo ruoti intorno a loro ma si sentono anche spinti fino all’eccesso a dare il massimo.
Voi genitori, siete sempre ai posti di comando e naturalmente non smettete di occuparvi dei vostri figli e di guidarli ma tutti sono tenuti in considerazione e tutti, a seconda della loro età e delle loro capacità, svolgono la loro parte per far funzionare la famiglia.
Quando una madre è stanca o non ha tempo per terminare gli impegni domestici, non deve lamentarsi per la mancanza di collaborazione solo col marito, può rivolgersi (età permettendo) anche ai figli, è formativo! Permette loro di crescere come individui, di acquisire sicurezza, interpretando un ruolo che li fa sentire parte integrante di un progetto.
P.s. [Specifico che come famiglia intendo qualsiasi nucleo sociale, formato da due o più individui nella stessa abitazione, a prescindere dal vincolo matrimoniale e dal genere di appartenenza]
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